Laura Facchi racconta al nostro blog i temi fondamentali del suo primo romanzo per ragazzi, Il Giglio d’Oro, un avvincente romanzo sci-fi, dove la lotta tra Bene e Male si compie ai confini della galassia. L’autrice descrive con entusiasmo cosa ha significato scrivere pe un pubblico Young Adult e cosa l’ha ispirata nella creazione dell’universo narrativo del Giglio d’Oro. Inoltre, riflette su quanto sia importante per i ragazzi essere consapevoli e difendere la propria identità e su cosa significhi ‘partire’.

Con Il Giglio d’Oro fa il tuo esordio nella narrativa dedicata al target Young Adult: scrivere per gli adolescenti è diverso che scrivere per un pubblico adulto?

I romanzi che ho scritto per un pubblico adulto sono usciti da me come acqua da un rubinetto. Avevo la sensazione che venissero scritti dalle mie mani che pigiavano rapidissime sui tasti del computer, il pensiero correva alla stessa velocità della scrittura. Una volta finito ci sono state revisioni, editing e piccole riscritture, ovvio, ma la fase creativa è stata immediata e a flusso continuo. Scrivere per ragazzi per me ha coinciso con la creazione di un mondo complesso dove tutto era da costruire e immaginare. Era impensabile non definire ogni tappa del processo di scrittura. Per la prima volta nella mia vita ho preparato una scaletta dettagliata dove erano segnati tutti i passaggi salienti di ogni capitolo. Ho pensato tanto, fatto ore e ore di ragionamenti per incastrare ogni evento. E poi c’è stata la grandissima rivoluzione: smettere di spiegare, smettere di usare un tono intimistico e di continua analisi dei personaggi, elementi che hanno caratterizzato i miei romanzi precedenti. Che non significa essere superficiali, anzi, riuscire a far muovere le emozioni all’interno dell’azione è stata una grande sfida per me. Così come abbandonare la tendenza ad essere verbosa e minuziosa nella descrizione del piccolo dettaglio. Ho riletto e riscritto molte volte e ho imparato tanto.

All’inizio del libro, Astrid, la protagonista del Giglio d’Oro, si reputa diversa e inadeguata, e vorrebbe solo sentirsi “normale”, anche a costo di nascondere ciò che la rende unica. In un mondo come il nostro, dove chi si differenzia dagli altri è visto spesso con sospetto, quanto ritieni sia importante per i ragazzi essere consapevoli della propria identità e soprattutto difenderla?

È importantissimo, ma è anche molto difficile. Quanti di noi possono affermare di possedere una identità chiara e definita? È una ricerca che ci accompagna per tutta la vita e che inizia quando siamo bambini. I ragazzi si sentono spesso insicuri e traballanti dentro a una identità che ancora non calza a pennello, ma è importante fidarsi del proprio pensiero, delle proprie idee, crederci fino in fondo correndo magari il rischio di scoprire di aver sbagliato. Accettarsi significa essere accettati, pur nella diversità. Credere in se stessi è il primo passo per permettere anche agli altri di credere in noi. Cercare di essere quello che non siamo genera solo frustrazione. Astrid vuole sentirsi normale perché è certa che il suo isolamento dipenda da alcune “stranezze” che la contraddistinguono, ma nel momento in cui comincia ad accettarsi scopre che anche tutti gli altri sono pronti a farlo.

La narrazione corre su due binari paralleli: il romanzo infatti è ambientato sulla Terra e su Lundea, un pianeta sull’orlo del collasso a causa della guida scellerata di un tiranno. È stato difficile immaginare un panorama politico così complesso, mettendosi nei panni un intero popolo in crisi, e da cosa ti sei lasciata ispirare?

Mi sono ispirata al nostro mondo, a tutto quello che non funziona sulla Terra: inquinamento, povertà, razzismo, consumismo sfrenato… e ho creato un mondo dove queste cose non ci sono. Su Lundea non esiste il concetto di razzismo e se un giorno dovessi trovarmi faccia a faccia con un lundeano credo che farei fatica a spiegargli di cosa si tratta. Lundea è un luogo utopico, un pianeta dove ho spesso sognato di vivere.

Una volta costruito il pianeta ideale si trattava di creare un punto di rottura e per farlo ho preso spunto dai grandi dittatori che al nostro pianeta non sono certo mancati. Grondon persegue una sua idea di cambiamento sociale, è inizialmente animato da sane intenzioni, ma come spesso accade il potere offusca la ragione e gli ideali vengono divorati dalla brama di ricchezza e controllo. Immaginare Lundea, tratteggiare Grondon e costruire la crisi che segue alla sua presa di potere è stato entusiasmante. Ho vissuto settimane immersa in un universo parallelo, pensando in continuazione a come far procedere la mia storia, buttando giù idee e stracciandole un attimo dopo.

Molti dei personaggi sono costretti a lasciare (volontariamente o meno) la loro terra d’origine, in cerca di un futuro migliore o per scoprire chi sono realmente. Pensi che “partire” sia un passaggio fondamentale nella crescita dei ragazzi?

Si, partire è sempre fondamentale, per i ragazzi ma anche per gli adulti. Partire significa venir bombardati da nuovi stimoli, confrontarsi con altre culture, altri panorami, altri odori e sapori. Per un ragazzo partire significa spesso staccarsi dalla famiglia, scoprire l’ebrezza di sapersela cavare da solo, lasciarsi alle spalle piccoli problemi quotidiani per affrontare la scoperta, l’avventura e la gioia della libertà. Un altro conto è essere costretti a partire, dover lasciare tutto per andare in cerca di una vita migliore o addirittura per non morire; è il caso di Adam, che nel romanzo è costretto a lasciare la sua casa quando era ancora un bambino.

Come mai, tra tutti i fiori, proprio un giglio? Ha un significato particolare per te?

Il giglio è uno dei miei fiori preferiti, ha un profumo sublime ed è bellissimo da guardare. È una pianta resistente, le sue radici sono perenni, anno dopo anno si rinnova e fiorisce sotto la luce del sole. Inoltre ha una forma particolare, immediatamente riconoscibile, non ho quindi dovuto pensare troppo a quale fiore usare per la pelle di Astrid, mi è venuto spontaneo pensare immediatamente a un giglio.