Il dilemma dello sconosciuto

Il dilemma dello sconosciuto
Perché è così difficile capire chi non conosciamo

“La verità sugli altri non è un oggetto compatto e scintillante, che possiamo portare alla luce se siamo in grado di sondare con attenzione e poi scavare a fondo.  Quello che riusciamo a capire di uno sconosciuto sarà sempre fragile come un cristallo. Al minimo errore, andrà in mille pezzi.”

Già prima della pandemia, la nostra vita in mezzo a una folla di estranei non era sempre facile. Anche se parliamo la stessa lingua, capirsi tra persone può essere complicato, se dell’altro non conosciamo la storia, la cultura, il senso dell’umorismo. E fidarsi, poi: come si fa a decidere se dice la verità, è affidabile, condivide i nostri sentimenti? Questa difficoltà è oggi amplificata dal rischio epidemiologico.
E, d’altronde, per reagire alla pandemia, dobbiamo fidarci di ciò che dicono medici e autorità lontane, attenendoci a regole impersonali e interagendo cautamente con persone sconosciute per strada, sui mezzi pubblici, sui posti di lavoro. Per questo, Il dilemma dello sconosciuto è un libro cruciale.
Pubblicato l’anno scorso negli Stati Uniti, ai vertici di tutte le classifiche dei bestseller, in questo saggio meraviglioso Malcolm Gladwell compie di nuovo il suo incantesimo: segue un dubbio che tutti abbiamo e lo illumina attraverso la letteratura scientifica, ribaltando i nostri pregiudizi e fornendoci strumenti nuovi per navigare il mondo. Stavolta ci mostra come le strategie che usiamo per giudicare gli estranei non sono raffinate come pensiamo, ma poco più che letture superficiali, soggettive e terribilmente fragili. La verità è che, se abbiamo bisogno di capire gli sconosciuti, non siamo, tuttavia, per niente bravi a farlo. Le prove abbondano, nella storia e nella cronaca: il primo ministro inglese Chamberlain nel 1938 incontra Hitler, giudicandolo un uomo ragionevole e votato alla pace; una spia cubana riesce a infiltrarsi per decenni nella cia, in barba a chi dovrebbe saper riconoscere un traditore; l’incomprensione tra un poliziotto e una donna fermata per  un’infrazione monta incomprensibilmente fino all’arresto e al suicidio di lei in carcere.
Sul confine tra il bisogno di empatizzare e quello di difenderci, tra la voglia di uscire finalmente di casa e la sicurezza di stare nelle nostre quattro mura, tutti ci barcameniamo in una missione forse impossibile ma necessaria: vivere nella società, collaborare con gli altri, spesso sconosciuti.
E quando, inevitabilmente, qualcosa va storto? Poco male, ci spiega Gladwell. Quando tutte le armi a nostra disposizione si rivelano inadeguate, finiamo per usarne un’ultima, tanto umana quanto meschina: piuttosto che ammettere di non saper giudicare, preferiamo abbassare la soglia del sospetto e aumentare la distanza dagli altri, rovesciando tutta la colpa sullo sconosciuto.

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